La televisione è stata per anni uno dei principali mezzi con cui le organizzazioni hanno portato i propri messaggi al grande pubblico.
Ancora oggi la DRTV rappresenta una leva strategica per il non profit: una programmazione articolata, spesso collocata su canali secondari e in fasce orarie specifiche, che riesce però a raggiungere pubblici in target e a portare risultati tangibili, soprattutto quando viene affiancata da campagne digitali di supporto.
Accanto a questo scenario consolidato si stanno aprendo nuove possibilità. L’arrivo della Connected TV (CTV) non sostituisce (ancora) la DRTV, ma la integra, aggiungendo la forza della misurabilità e strumenti come i brand lift survey, che consentono di valutare il ricordo generato da uno spot e la propensione alla donazione.
Per capire dove stiamo andando, bisogna guardare al percorso fatto fin qui. La TV lineare fatta dei palinsesti rigidi, di interruzioni pubblicitarie programmate garantiva una copertura enorme, ma indiscriminata. Una comunicazione a pioggia, che parlava a tutti senza sapere davvero a chi arrivasse e con quale effetto.
La prima svolta è stata la diffusione della VR TV e delle piattaforme on demand dove lo spettatore non era più vincolato agli orari, poteva scegliere cosa guardare e quando. Anche la pubblicità ha iniziato allora a sperimentare nuove forme di targettizzazione, pur con dati ancora poco raffinati.
La Connected TV rappresenta il passo successivo. Non si parla più solo di televisione, ma di un ecosistema fatto anche di smart TV, console, app di streaming.
Lo stesso salotto di casa diventa uno spazio digitale dove i contenuti arrivano con logiche simili a quelle delle campagne online, ma con la forza e l’impatto visivo che solo lo schermo grande sa dare. Il tutto condito da opzioni molto interessanti di doppia fruizione anche sul telefono tramite il “Send to Phone”.
Il cambiamento non è solo tecnologico: è prima di tutto culturale.
Gli italiani trascorrono ormai quasi sei ore al giorno online e più di 42 milioni di persone utilizzano i social media – circa il 71% della popolazione (We Are Social, Digital Report Italia 2024).
Una fetta sempre più consistente di questo tempo è dedicata ai video. In particolare, YouTube è la piattaforma regina: 17 ore al mese passate dagli italiani a guardare contenuti, dalle clip veloci ai documentari, dagli approfondimenti alle dirette (Engage, 2025). Sempre più spesso, YouTube non viene fruito solo da smartphone o computer, ma anche tramite la TV di casa.
Lo streaming è ormai parte integrante della quotidianità: oltre il 40% degli utenti fra i 16 e i 64 anni dichiara di acquistare o utilizzare contenuti in streaming o film digitali (We Are Social, Digital Report Italia 2024).
A livello globale, la direzione è ancora più chiara: secondo Parks Associates, i video social come YouTube, TikTok o Twitch rappresentano già circa il 20% del tempo totale di visione televisiva, pari a quasi 5 ore alla settimana (TV Technology, 2024).
Significa che guardare video sul grande schermo non è più un’eccezione, ma un’abitudine consolidata.
Per chi lavora nella comunicazione, la CTV è una porta che si apre.
Perché permette di recuperare la potenza narrativa dello spot, il linguaggio emozionale, la capacità di catturare l’attenzione, ma allo stesso tempo consente di misurare i risultati come in una campagna digitale.
Vuol dire poter sapere quante persone hanno visto davvero il video, quanto tempo ci hanno passato sopra, e persino raccogliere dati sul ricordo che ha generato. Con strumenti come i brand lift survey, ad esempio, è possibile chiedere direttamente agli utenti: “Ti ricordi questa organizzazione? Saresti disposto a donare? La consiglieresti a un amico?”.
E c’è un altro elemento non secondario: la CTV rende più accessibili spazi che prima erano riservati solo a chi aveva budget molto alti.
Oggi le realtà profit possono sperimentare investimenti in TV maggiormente sostenibili, calibrando le campagne sui propri obiettivi.
Per il no profit invece, consapevoli della forte scontistica loro riservata in TV, si tratta di un’opportunità di creare un potente channel mix capace di intercettare con spot veri e propri un target scarsamente presente in tv, un po’ più giovane ma capace di generare donazioni.
YouTube rappresenta il punto di ingresso più semplice: le campagne possono essere attivate con le stesse logiche che già conosciamo, ma visualizzate sul grande schermo, con l’aggiunta di strumenti avanzati di misurazione.
Accanto a YouTube, si aprono nuove strade: Netflix con i suoi piani supportati da pubblicità, Prime Video integrato nell’universo Amazon, Disney+ e DAZN con pubblici specifici e fidelizzati. Anche i player nazionali come RaiPlay e Mediaset Infinity stanno spingendo verso soluzioni di Connected TV, offrendo alle organizzazioni opportunità di raccontarsi in contesti sempre più digitali.
Uno degli aspetti più interessanti della CTV su YouTube riguarda la varietà di formati pubblicitari disponibili. Si può scegliere infatti tra:
Annunci skippabili: questi permettono all’utente di decidere se tornare alla visione dopo pochi secondi. Sono molto utili per misurare l’attrattività del messaggio nei primissimi istanti e per garantire comunque una buona visibilità a costi competitivi.
Annunci non skippabili: questi garantiscono la visione completa dello spot. Sono particolarmente efficaci per i messaggi emozionali e narrativi tipici delle campagne solidali, perché permettono di accompagnare lo spettatore dall’inizio alla fine, guidando la narrazione fino alla call to action finale.
Questa possibilità di scelta rende YouTube Connected TV estremamente flessibile: da un lato si può ottimizzare la spesa privilegiando l’engagement spontaneo, dall’altro assicurarsi che lo spot venga visto integralmente. In entrambi i casi, i dati raccolti consentono di valutare la brand awareness e la propensione alla donazione con strumenti di misurazione avanzati.
Per gestire un channel mix integrato su più piattaforme di intrattenimento si possono usare le DSP (Demand Side Platform), piattaforme tecnologiche che permettono agli inserzionisti (brand, agenzie, organizzazioni) di acquistare spazi pubblicitari digitali in maniera automatizzata e centralizzata. In questo modo è possibile acquistare inventory CTV di più player in un unico pannello, applicare frequency capping cross-device, comparare le performance e avere reportistica centralizzata. Le DSP richiedono ovviamente budget più alti.
In Filarete abbiamo iniziato a sperimentare in Italia e Germania la CTV con alcuni clienti non profit, partendo proprio da YouTube. Grazie ad una stretta collaborazione con consulenti specifici in Google e sfruttando i brand lift survey, siamo riusciti a capire l’impatto effettivo degli annunci, se lo spot e il brand venivano ricordati, ma anche quanto aumentava la propensione alla donazione. Abbiamo misurato il reale cambiamento di percezione e conoscenza del brand.
Questi primi test sono stati una palestra preziosa, che ci permette oggi di guardare avanti e immaginare campagne sempre più strutturate, utili e orientate a nuovi pubblici.
In due mercati europei abbiamo condotto i primi test di Connected TV per organizzazioni non profit, con un investimento di circa 10.000 € per paese.
I risultati sono stati molto incoraggianti:
Reach: tra 0,9 e 1,2 milioni di utenti unici, con un totale di 2–3 milioni di impression.
Brand lift: incremento assoluto del ricordo del brand compreso tra +10% e +20%.
Utenti “lifted” (cioè coloro che ricordano meglio l’organizzazione dopo aver visto lo spot): decine di migliaia di persone raggiunte con un costo per utente variabile tra 0,06 € e 0,50 €.
Durata dello spot: le creatività da 30 secondi hanno mostrato performance superiori rispetto a quelle da 15 secondi.
Target: sono emerse differenze interessanti per fasce demografiche, con alcuni segmenti particolarmente ricettivi, utili per ottimizzare campagne future.
Questi test confermano che la Connected TV può essere non solo un canale di awareness, ma anche uno strumento misurabile per valutare l’impatto reale delle campagne e migliorare progressivamente le strategie di comunicazione del non profit.
Dopo in confronti frequenti con il team di Google dedicata alla Connected TV, è emerso un concetto fondamentale: la CTV non sostituisce la TV tradizionale, ma la completa.
In una strategia multicanale matura, la TV lineare resta il canale chiave per costruire notorietà di marca e raggiungere pubblici ampi. La Connected TV, invece, introduce una nuova leva: la possibilità di raggiungere nuovi target, di misurare e segmentare, di integrare i messaggi video con le campagne digitali già attive.
Per le organizzazioni non profit, questo equilibrio è particolarmente interessante: da un lato, la TV tradizionale mantiene scontistiche dedicate e una capacità di reach ancora insuperabile; dall’altro, la Connected TV apre a forme di pianificazione più flessibili e data-driven, capaci di potenziare il rendimento complessivo delle campagne digitali facilitando la conversione di tutto l’ecosistema media attraverso riconoscibilità, fiducia e familiarità costruite sullo schermo grande che si riflettono poi nei risultati di canali come search, performance max, demand gen, social e display.
Infine, si apre una sfida interessante: capire come testare in parallelo campagne TV e CTV.
Mentre la TV lineare rimane poco tracciabile e le conversioni si misurano ancora tramite numeri verdi dedicati o picchi temporali di traffico e conversione, la Connected TV consente una misurazione puntuale dell’impatto in termini di awareness, engagement e azioni successive.
La Connected TV non è destinata a breve a sostituire la televisione tradizionale, né a rimpiazzare le campagne digitali sui social o sul web. È un tassello in più, che unisce due mondi. Per il non profit questo significa poter comunicare con un linguaggio familiare e coinvolgente, senza rinunciare alla precisione dei dati.
In fondo, la sfida è sempre la stessa: come trasformare l’attenzione in partecipazione, e la partecipazione in cambiamento reale. La CTV può essere una delle chiavi, perché parla alle persone là dove scelgono di emozionarsi, e restituisce numeri che permettono di migliorare e crescere.
In Filarete crediamo molto nell’innovazione e nella sperimentazione, includendo nelle strategie piattaforme come Spotify, Pinterest, TikTok che qualche anno fa non erano pensabili. Per questo abbiamo voluto costruire casi studio di Connected TV e testare queste soluzioni.
In sintesi, CTV e TV non competono: collaborano.
La prima porta intelligenza e misurabilità, la seconda garantisce portata e impatto emotivo su un target particolare.
Insieme, creano una strategia media davvero integrata.